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SPORT mercoledì 18 agosto 2021
Per gli atleti di Velletri: un'analisi del medagliere di Tokyo 2020
di
Pier Luigi Starace
altri articoli dello stesso autore Inizio scorrendo la graduatoria per nazioni di Tokio, calcolata sulle medaglie, attribuendo 3 punti all'oro, 2 all'argento e d 1 al bronzo, e, per ogni nazione, rimando alla sua posizione d'un lustro prima, cioè a Rio 2016. In testa gli USA. Con 47 punti. Nettamente meno che a Rio, 62. Al secondo, con 22, il Kenya, anch'esso con meno punti che a Rio, 26. Osservo che il Kenya, con una popolazione dieci volte meno numerosa degli USA, si è appropriato d'un punteggio che è più della metà di quello degli States. Ma, per jus soli e sanguinis, attribuendo al Kenya le medaglie di kenyani che hanno corso con altre maglie, come quella USA, il punteggio dei nerissimi figli di quegli altipiani salirebbe ancora.
Comunque il dominio più sicuro che mai nella maratona da un lato d Eliud Kipchoge, che ha trionfato quasi scherzando, e dell'altro, femminile, della Jepchirir e della Kosgei, per non parlare di tutte le gare di mezzofondo e fondo, hanno dimostrato amplissimamente che sono stati e state sempre all'altezza del loro nome. Al terzo posto, con 20 punti, la Giamaica, seconda a Rio, e con 6 punti in meno, normale conseguenza del vuoto del dopo Bolt, che, comunque, quella sua versione al femminile che s'è dimostrata la trimedegliata in oro Elaine Thompson, la triplice occupazione dei gradini del podio nei 100 donne, il loro trionfo nella staffetta 4x100 e bronzo nella 4x400, l'oro dell'ostacolista Parchement hanno splendidamente riempito. Al quarto posto, punta di lancia dell'Europa, la Polonia, con 18 punti. La Polonia, che a Rio era stata dodicesima con 6 punti. Osservo che nelle precedenti olimpiadi, di Londra, la Polonia aveva chiuso con tre punti. Dunque questa gloriosa nazione ha proceduto da allora in progressione geometrica, raddoppiando ogni volta, anzi più che raddoppiando, nell'ultima, il punteggio. Il dominio nei lanci, col martello femminile stravinto dalla Wolodarczik, incalzata dal “bronzo” Kopron, è continuato in fotocopia con quello maschile, che ha visto Nowicki primo e Faidek terzo. Un richiamo alla tradizione polacca nella marcia ha spinto all'oro nei 50 km. Tomala, come quello a quella degli ottocentisti ha fatto strappare disperatamente il bronzo a Dobek. Ma quello che più mi ha commosso dell'epopea dei figli delle pianure della Vistola e dell'Oder è stato lo spettacolo delle staffettiste 4x400 che, pur staccate di molto dalle USA, hanno respinto gli attacchi delle scatenatissime giamaicane, ottenendo per l'Europa la seconda posizione, in una situazione in cui, come nei 10000 maschili, il primo europeo era decimo o peggio! E siamo all'Italia. Quinta, a pari punti, 15, con l'Olanda. A Rio eravamo fuori classifica, perchè non avevamo neanche un punto.A Londra ce l'avevamo avuto, piazzandoci trentacinquesimi. Varrebbe la pena ricercare se mai nella storia delle olimpiadi una nazione abbia prodotto un balzo simile. Un solo aspetto dei cinque risultati voglio sottolineare, quello tecnico. Tutti sono stati d'altissimo valore, specialmente quelli di Jacobs e della staffetta. La mia istintiva condivisione del senso d'incredulo stupore di questi ragazzi davanti alle proprie imprese paralizza ancora le mie facoltà analitiche, già schiacciate da un interrogativo: come è stato possibile vincere 5 ori, mentre, in ciascuna di tutte le altre olimpiadi, anche nei momenti più fulgidi dell'atletica italiana, non ne avevamo mai vinta più di una ? L'Olanda, dicevo, sul nostro stesso gradino. Olanda sì, con due bionde e valorosissime eptatlete, ma non proprio Olanda con un maratoneta d'altre sponde, e soprattutto con 7 punti portati da una sola donna, per sangue e suolo etiope, e che non esito a definire la migliore in atletica, uomini compresi, di questa olimpiade, la gazzella Sifan Hassan. Partecipante a tre gare tra fondo e mezzofondo, come solo Paavo Nurmi ed Emil Zatopek avevano fatto nei Giochi, ne è uscita alla loro altezza sia come medaglie che come valore tecnico dei risultati. Incredibile la sua vittoria in una batteria dei 1500, la gara nella quale è “più debole”, dopo esser stata coinvolta in una rovinosa caduta, che le aveva fatto perder decine di metri.
Al settimo posto la Cina, con 14 punti, perdendo sì tre posti da Rio, ma superandosi di 2 punti. La massima parte del punteggio è stata apportata da tre sue lanciatrici. Il Canada è ottavo, come a Rio, con 11 punti, due più che a Rio. Si è creato, grazie al simpaticissimo De Grasse, una specie d'omologo razziale di Marcell Jacob, separato da lui sempre di qualche centesimo di secondo, un parallelo nello scatto e staffetta tra tra Italia e Canada. Ricordo che altri punti “canadesi”, nei 5000 maschili e nel decathlon sono stati apportati alla squadra da da atleti meticci. La Gran Bretagna scivola al nono dal quarto posto di Rio, e da 12 a 9 punti. Ammirevole la resistenza di sue tre donne bianche, la Hodgkinson sugli 800, riuscita a perder solo qualche centesimo di secondo dalla “piuma” USA di genitori sudanesi Athing MU, 1, 79 per 56 kg., la Muir, superata, nel finale dei 1500, da una sola della travolgente valanga di ragazze nere, la Bradshaw, bronzo nell'asta; e bianco anche il “bronzo” nei 1500, a un soffio dallo spadroneggiante kenyano Cheruyot. L'Uganda, con un balzo “italiano” rispetto a Rio, passa da zero punti a 9, da fuori classifica a nona, grazie all'uraganica volata di Cheptegei e Kiplimo, che li faceva salire sul podio per secondo e terzo in quei 10000 “deuropeizzati”, e poi a quella ancora di Cheptegei sui 5000, che stavolta lo faceva salire primo sul podio, come la Chemutai su quello dei 3000 siepi. A spartirsi il decimo gradino, con 8 punti, una coppia scandinava Svezia e Norvegia. La Svezia era fuori classifica a Rio, quindi bel balzo, come quello con cui ha vinto il primatista mondiale dell'asta, cittadino svedese, ma francese di sangue e statunitense di suolo, Armand Duplantis; gli altri punti sono stati ghermiti dal braccio dei due discoboli primo e secondo, Stahl e Petterson. La Norvegia anche era fuori classifica a Rio. I “vendicatori” dell'orgoglio vikingo sono scesi in pista in due specialità da da tempo “occupate” da imprendibili neri. Sui 400 hs. Karsten Warholm ( il cui cognome significa “difensore attento”), oltre a vincere in 45”94 ha “rotto” sia il muro dei 46” sulla distanza, sia il record mondiale.Sui 1500 Jakob Ingebritsen( il cui cognome significa “figlio dello splendore del dio Ing”) ha piegato il capo-muta delle gazzelle africane, il keniano Cheruyot, con un 3'28”3 recod europeo ed olimpico. Gli altri due punti li ha colti, rispolverando una tradizione norvegese, il martellista Henriksen. Germania ed Etiopia sono insieme, con 7 punti, sul tredicesimo posto. La nazione tedesca ha bissato il punteggio di Rio, ma è scesa nel piazzamento, che era stato di decima.
Quasi metà dei punti glieli ha dati la lunghista Malaika Mihambo, di madre e di nascita tedesca, ma di padre zanzibarita. gli altri gli argenti del marciatore Hillbreth e della discobola Pudenz. L'Etiopia è nettamente calata rispetto al quarto posto ed ai 12 punti di Rio.Ma abbiamo già detto dei 7 punti di Sifane Hassan , sotto maglia olandese, e potremmo citare la medaglia d'argento della Gezahegne, sotto maglia del Bahrein.Inoltre splendono la medaglia d'oro di Selemon Barega negli infernali 10.000 che hanno visto il nostro Crippa ricacciato al dodicesimo posto, come quelle di Girma, secondo nei 3000 siepi, di Letesenbet Gidey. ancora nei 10.000, ma femminili, terza, e di Gudaf Tsegay, ancora terza, nei 5000. Le Bahamas, al 15° posto a Rio, migliorano di uno, e di due punti, con 6. Per una singolarissima coincidenza i punti sono stati ottenuti nella stessa gara, i 400, con la vittoria, nei maschili, di Steve Gardiner, e fra le donne con la femminilissima Shaunae Miller, entrambi con tempi d'altissimo valore tecnico ( ed entrambi di evidentissima africanità.) ROC ( le schegge residue della frantumazione dell'atletica russa sotto la mazza dell'antidoping ), Australia e Portogallo si ritrovano al 15° posto, con 5 punti. ROC li deve all'altista Mariya Lasitskene, oro, ed alla seconda nell'asta femminile, la Sidorova. E' da chiedersi quanto ancora potrà durare, nella punizione in corso, la chiusura del secondo serbatoio mondiale d'atleti e soprattutto atlete. L'Australia, diciottesima a Rio con 3 punti, migliora di 2, e mantiene tenacemente la “bianchezza” dei suoi medagliati, con l'argento, l'altista Nicole Mc Dermott e la giavellottista Kelsey -Lee Barber, col bronzo il biondo decathleta Ashley Maloney. Il Portogallo, fuori classifica a Rio, ringrazia dell'argento nel triplo il sangue angolano della madre di Patricia Mamona, e dell'oro nella stessa specialità al maschile il nerissimo Pedro Pichardo. volato 41 cm. oltre il secondo classificato.
Il Bahrein, non classificato a Rio, sale a 5 con due “iniezioni” africane, del “collega nell'oro” di Tamberi. Barshim, e dell'argento, nei 10000, della Gezahegne. Al 19° posto s'affollano, a 4 punti, le nazioni che analizzerò una per volta. La Grecia a Rio era stata 18° a 3 punti, e quello in più di Tokio le è venuto dal quattrocentista Kirani, dopo che i primi 3 li aveva conquistati nel lungo uno dal cognome inconfondibilmente turco, Tentoglu, irredimibile dall'ellenicissimo nome, Miltiades. Cuba, 34° con 1 punto a Rio, ha attinto i suoi 4 punti dall'integrale africanità dei lunghisti Echevarria, secondo e Massò, terzo, nonché della discobola Yaime Perez, terza. La Colombia quasi ripete il 18° posto di Rio, ma migliora d'un punto, con i due argenti, uno del quattrocentista nero Zambrano, uno della marciatrice Sandra Lorena Arenas. Il Belgio, anch'esso 18° a Rio, migliora d'un punto, grazie, nell'eptathlon, ai 3 dell'agile bellezza subsahariana Nafissatou Thiam, e, nella maratona maschile, al bronzo d'un altro extraeuropeo, Bachir Abdi. Uno sguardo al resto della classifica mostra di notevole lo scivolamento della Francia da 9 punti a 2, e della Spagna da 6 ad 1. Nel mondo slavo extrapolacco solo la Cechia progredisce, da 1 a3, mentre la Bielorussia scende da 2 ad 1, e l'Ukraina resta ad 1. Tra le new entries l'India con l'oro al giavellottista Chopra ed il Burkina Faso, col triplista Zango, terzo. Una considerazione triste: sono rimaste fuori classifica nazioni che hanno fatta la storia dell'atletica, come la Finlandia, l'Ungheria, la Romania, la Bulgaria, il Sud Africa. Su 282 punti disponibili 98 sono andati ad atleti bianchi, 184 a non bianchi. Questo l'attuale rapporto di forza. La classifica per continenti, con la spietata freddezza dei numeri, offre una specie di correttivo apparente alla severità di questo rapporto. Dice che, rispetto a Rio, è avvenuto il sorpasso delle 3 Americhe da parte dell'Europa : mentre 4 anni or sono esse erano il primo continente, con 111 punti, e l'Europa stazionava a 67, a Tokio la leggera flessione dei loro punti da un lato, 102, e dall'altro il congruire dei miracoli italiano, olandese, scandinavo e polacco, la facevano schizzare a 107. Al terzo posto, entrambe le volte, l'Africa, con 54 punti a Rio, e 46 a Tokio: evidente effetto del leggero calo kenyano e di quello, più netto, etiope. Strana “stabilità” per l'Asia, con 27 a Rio e 28 a Tokio, ed ancor più per l'A ustralia- Oceania, ferma sui 7 nel '16 come nel '21.
Classifica delle nazioni per medaglie ( 3 punti oro, 2 argento 1 bronzo) 1) USA 47 2) Kenya 22 3) Giamaica 20 4) Polonia 18 5) ITALIA, Olanda 15 7) Cina 14 8) Canada 11 9) Uganda, Gran Bretagna 9 11) Svezia, Norvegia 8 13) Etiopia, Germania 7 14) Bahamas 6 15) ROC, Portogallo, Australia, Bahrein 5 19) Grecia, Cuba, Colombia, Belgio 4 23) Giappone, Puerto Rico, India, Cechia, Qatar, Venezuela, Marocco 3 30) Nuova Zelanda, Brasile, Namibia, Rep. Dominicana, Francia 2 36) Bielorussia, Spagna, Nigeria, Burkina Faso, Botswana, Austria, Ukraina 1. |
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